Noi genitori nella disabilità viviamo il nostro presente con grande frenesia, la sera per rilassarci ci soffermiamo su riflessioni da perdere il sonno del tipo: “Come passa il tempo, che faremo tra qualche anno? Come sarà il nostro futuro? Come sarà la sua vita da adulto?” E tante altre domande simili. C’è chi invece vive tutto ciò nella versione mattutina e si fa stritolare al risveglio da mille interrogativi.
I nostri bimbi hanno ancora un’età che ci permette di chiamarli “bimbi“, ancora qualche anno dall’adolescenza, ancora una decina dall’età adulta, ma tutto corre veloce e nella nostra testa di genitori AUT domani è già oggi.
Pensare al domani è terrificante, non ve lo possiamo negare. Vorremmo tenerli così per sempre, piccoli, carini, leggeri, gestibili, coccoloni. Vorremmo pensare a come intrattenerli e a cosa proporre da mangiare, ma le problematiche saranno ben altre, quelle della pubertà e poi dell’età adulta.
Ci facciamo i conti tutti giorni già da ora, perché è da ora che si lavora per costruire un domani migliore. E ci chiediamo continuamente cosa possiamo fare. Saremo dei genitori illuminati e coraggiosi che sapranno trasformare un’idea in un progetto concreto per i loro figli? Sarà il modo giusto per assicurare loro l’autonomia della vita adulta? Ci guardiamo intorno, studiamo, scopriamo realtà diverse che in vari ambiti hanno mosso i primi passi per creare opportunità lavorative inclusive.
Sarà la direzione giusta? Tutto ciò che riguarda l’inclusione lavorativa di un ragazzo disabile dovrà necessariamente passare dall’impegno e dall’impiego di energie e risorse dei genitori nel dar vita ad un progetto ad hoc? Dobbiamo sempre essere i primi a pensarci? È solo un problema a carico delle famiglie? L’argomento si apre a tante possibilità di dibattito.
Via via ci penseremo e ci farebbe piacere poter condividere e gioire di realtà già esistenti. Se ci leggete battete un colpo. Forza e coraggio.
Chiara