Quando tutto è iniziato siamo stati lanciati dentro un percorso terapeutico già ben definito. A quel momento sicuramente ho apprezzato la sicurezza e la decisione con cui siamo stati presi per mano in quel frastuono che è il post diagnosi.
Un HANGOVER che non sai bene quando smaltirai…di una notte da leoni di cui però non ricordi nulla.
Riccardo aveva due anni e già due appuntamenti la settimana con l’educatrice. Era piccolo, mi ricordo che avevo sempre dietro il ciuccio e il biberon con l’acqua.Dopo tre mesi si aggiunse l’appuntamento di psicomotricità con la TNPEE, un’ora a settimana.Iniziò così, molto presto, anche la mia attività di mamma-taxi.
Agenda, giorni, orari, asilo nido, accompagna, aspetta, riparti e poi ancora osservazioni, colloqui, relazioni, riunioni.
I primi tempi sono stati molto densi di cose e il cambio di marcia della nostra vita molto repentino. In tutto questo il dovere di ogni genitore di dare al tutto quantomeno un aspetto di normalità.
Ci si prende la mano, si diventa cintura nera di incastri di impegni. Le ore di terapia aumentano, i colloqui, le valutazioni e poi nel tempo si aggiungerà la scuola! Gli appuntamenti e mail con la segreteria scolastica, la burocrazia infinita per quegli ingressi e uscite fuori orario, le ore di sostegno, i pei.
Dovrebbero riconoscerci il livello pro in gestione maniacale di Google calendar! Consiglio del giorno: tenersi parecchi piani b in tasca da usare all’occorrenza. Sempre, sempre, sempre.
Chiara