Stavamo iniziando a conoscere il nostro van, capitava di passare qualche ora parcheggiati a cercare di capire come fare cosa e come meglio utilizzare lo spazio.
Il primo inverno lo abbiamo trascorso così, alle prese con un nuovo giocattolo da imparare ad usare, impazienti e sognanti. Torniamo sulla terra ora. Prima di tutto andava sempre considerata la grande variabile di cosa avrebbe preferito fare Riccardo, dove sarebbe stato più comodo, dove avrebbe voluto appoggiare o puntare i piedi, cosa avrebbe trovato fastidioso, cosa avrebbe tentato di staccare o togliere, sganciare o grattare via. Il vero battesimo del mezzo doveva sempre avvenire e sarebbe stata una cosa lunga, da studiare, da osservare con cura.

A Riccardo piaceva e sembrava ben disposto nell’accettare la proposta di lunghi viaggi in autonomia con una specie di casa mobile. Aspettiamo l’apertura della stagione dei campeggi della zona per fare le prime “prove” sul campo. Siamo così impazienti che a marzo siamo già in giro per la Costa Toscana. Riccardo sta così bene all’aria aperta, pomeriggi sulla spiaggia, campeggi semivuoti, cene all’aperto fuori stagione, la sera un po’ di relax con il suo tablet e dormire (quasi) sotto le stelle con il vento e l’aria fresca che entra dal tessuto del tetto a soffietto. La primavera ci porta in giro per la Toscana, Bolgheri e strade del vino, Monteriggioni e Crete Senesi, strade del Chianti, Maremma e Saturnia, Volterra e Val d’Elsa, non ci lasciamo scappare neanche un fine settimana. Finalmente qualche giorno in più libero e riusciamo a spostarci sul Lago di Garda e Parco di Sigurtà. La nostra primavera ci ha convinti e istruiti abbastanza, siamo pronti e vogliamo fare tanti ma tanti chilometri. Destinazione Portogallo! Non è poco se si pensa che a quel momento avevamo al massimo fatto tre giorni fuori e distanze di qualche centinaio di chilometri.

Dovevamo buttarci e provare, pensare a come intrattenere Riccardo durante un lunghissimo viaggio, prevedendo tappe, non troppo rigide nell’organizzazione, pensare al cibo, merende, acqua, noia e soste per sgranchire quelle gambette scattose.
Ce la faremo? Sarà troppo per lui? Si annoierà? In fondo viaggiamo in autonomia, possiamo fare deviazioni, fermarci, ripartire, cambiare programma. Non ci facciamo spaventare, anzi! Con gran coraggio pensiamo che sia meglio non prenotare niente, fare un itinerario di massima, armarci di guide turistiche “old style” e poi far dettare a lui i tempi cercando di bilanciare tutto.

Troppo ottimisti, sì, sempre! Cauti? Un po’ meno. Ma si sa, quando si viaggia ci muove qualcosa dentro, voglia di conoscere, scoprire, fare nuove esperienze, la meraviglia. Ecco questo è quello che vorremmo trasmettergli. L’interesse e la curiosità. Gli stiamo chiedendo tanto, in fondo ha solo quattro anni. Tutti i nostri pensieri ci servono per giustificare la nostra voglia di viaggiare ma lo faremo anche nel suo interesse?

Lui cresce e con lui le difficoltà, non lo possiamo negare, crisi di pianto e urla, rigidità nei confronti di novità, luoghi, cibi, situazioni, perdita della regolazione, ci sono tante cose da tener presenti che nel tempo abbiamo imparato a gestire ma che, anche con il tempo, hanno preso una forma più definita. Insomma, vivere con lui, così come viaggiare, è un’esperienza di improvvisazione continua di una routine ben consolidata. So bene che detta così ha ben poco senso, ma chi vive con un figlio autistico capirà al volo quanto le due cose vadano a braccetto.

Ma poi cosa abbiamo da perdere? Cosa può andare storto? Nessun viaggio è tempo sprecato e tutto lascia un segno, un ricordo, tutto ci insegna. Noi non siamo certo di quelli che si fanno intimorire ne dalle distanze ne dalle modalità.
Così è stato, ed è stato bellissimo. Faticoso e bellissimo.

Chiara

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